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Data pubblicazione: 09/06/2008
La scorsa notte ci ha lasciati Sergio Michel, persona straordinaria che tanto ha dato alla nostra Classe. Ciao Sergio, buon vento!
Parlare di Sergio Michel significa parlare dello Snipe italiano.
"Per moltissimi anni - scriveva Sergio nella Premessa del libro da lui scritto sullo Snipe - ho fatto equipaggio con Sergio Morin sullo snipe. L'attività maggiore si è svolta dal 1963 al 1985 e già in quegli anni, parlando con i vari segretari di Classe, si sentiva la mancanza di "qualcuno armato di buona volontà" che raccontasse dell'attività enorme che questa Classe svolgeva, in Italia ed all'Estero. Visto che ancora oggi nessuno ci ha pensato e visto che, dopo averlo proposto, il consenso è stato quasi unanime, ho deciso di imbarcarmi in questa avventura."
Leggendo questa premessa si intuisce subito che Sergio è stato un punto di riferimento e la memoria storica della Classe.
Come prodiere ha avuto un ruolo fondamentale in barca. "Sergio (Morin) pensava a far correre la barca, a me l'onere di pensare a tutto il resto (preparazione, tattica, soluzioni diverse). La fiducia che si era instaurata fra noi due ci permetteva un comportamento a bordo talmente automatico da non dover neppure parlare, al limite."
E' il prodiere più titolato: con Morin ha vinto sei titoli italiani assoluti, partecipando a numerosi campionati internazionali. E' stato secondo al Campionato Europeo Master del 93, a prua di Giorgio Brezich. Splendido terzo, al timone, con suo figlio Enrico come prodiere, al Mondiale Master del 2004.
Conobbi Sergio Michel cinque anni fa.
Aveva quasi terminato un lavoro che gli stava molto a cuore, il libro sulla vita dello Snipe in Italia di cui accolsi con entusiasmo di esserne l’editore, quando me lo proposero Stefano Longhi e il Segretario entrante Alessandro Rodati.
Fu così che, un freddo sabato mattina di dicembre, incontrai Sergio al circolo velico Ravennate e parlammo per circa due ore sui vari dettagli del libro e su come impostarlo.
Con pazienza, tirò fuori dalla sua borsa alcune carpette, molto ordinate, con i testi già a un buon livello di scrittura e splendide foto a testimoniare l’evoluzione della nostra barca negli anni attraverso una storia densa di straordinari personaggi e di regate indimenticabili.
Con la sua inconfondibile voce, con i suoi modi, con il suo bagaglio di esperienze e di vittorie, mi affascinò subito e provai immediata simpatia per quel signore dai tanti capelli bianchissimi, schietto e deciso ma anche cordiale e affettuoso. Una vera icona, a lui non piacerebbe questa definizione, dello Snipe italiano che, con l’entusiasmo di un ragazzino, si accingeva a raccontare,a tutti gli appassionati, una buona fetta di storia della vela italiana attingendo a una miniera di ricordi e di preziose immagini.
Mi venne poi a trovare varie volte in ufficio e pranzammo in giardino a casa mia, in occasione dell’ultima correzione delle bozze del libro.
Quel giorno, i suoi racconti sul caffè e sulle sue trasferte in giro per il mondo, ci permisero di conoscerne tutti i segreti e spesso mia moglie mi chiede di lui e ne serba un piacevole e affettuoso ricordo così che, quando prova una nuova miscela di caffè, si domanda quale sarebbe stato il giudizio del signor Michel.
Ad agosto del 2004 riuscimmo, come lui voleva, a pubblicare il libro proprio in tempo per il campionato mondiale master di Bracciano e lo vidi particolarmente soddisfatto, orgoglioso del risultato.
Partecipò a quel Mondiale memorabile, per livello e numero di concorrenti, con il figlio e pluri-campione Enrico a prua. Con uno splendido terzo posto dimostrò a tutto il mondo e ai pochissimi che non lo conoscevano che la classe non può essere intaccata dal tempo.
Era un marinaio, un campione vero, una persona squisita, un grande uomo.
A nome di tutta la classe Snipe siamo vicini a Enrico e a tutti i famigliari e viviamo lo stesso sconcerto e la stessa disperazione. Il vuoto che ha lasciato in noi non si potrà colmare.
Alberto Perdisa
Ero molto affezionato a Sergio Michel. Lo conobbi quando divenni socio della SVOC, la sua società da sempre. Discreto e gentile, sempre molto acuto nelle osservazioni, prodigo di consigli e curioso di tutto quanto riguardasse lo Snipe.
Mi piace ricordare Sergio a Valencia, un anno fa, quando si sobbarcò quel viaggio lunghissimo per consegnare una barca costruita da suo figlio Enrico. In mare guardava contento le regate e poi a terra mi chiedeva come era andata, criticava con garbo i miei erroracci o si congratulava quando facevo qualcosa di buono.
O a Porto, durante il Mondiale dell’anno scorso, quando aiutava suo figlio Enrico e il cantiere appena fondato. Mi piaceva ascoltare a cena i suoi racconti delle regate in Snipe, in Dragone o in Dinghy, le sue trasferte con Sergio Morin, suo storico timoniere, i numerosissimi anedotti di quando viaggiava per il mondo per lavoro, prima quale Capitano di lungo corso, poi quale dirigente d’azienda.
Era molto orgoglioso di suo figlio Enrico, in sua presenza non si lasciava molto andare, manteneva il distacco del padre severo, ma quando mi parlava di lui gli brillavano gli occhi.
Non riusciva a stare fermo senza far nulla. Andato in pensione, si è subito messo all’opera, scrivendo quel libro che è la sua dichiarazione d’amore per la vela e per lo Snipe.
A Oporto, anche se debole, doveva per forza aiutare a scaricare o a caricare le barche dai carrelli, o a slegare gli alberi dal tetto del furgone (“Sergio be careful” imploravano gli americani vedendolo salire sul tetto). Era impossibile tenerlo fermo. Lo Snipe era la sua vita, curiosava, parlava, chiedeva, intratteneva rapporti con tutti noi regatanti. Mi ricordo ancora Sergio contento, assieme a noi, su una piccola utilitaria, in cinque, carichi di casse di Porto, tutti un po’ “allegri” per la degustazione appena fatta.
Aveva iniziato a scrivere un altro libro sullo Snipe, questa volta sui prodieri e sull’arte di stare a prua, di cui è stato per tanto tempo maestro. Mi leggeva con entusiasmo ed orgoglio alcuni passi, chiedendomi cosa ne pensassi.
L’ho visto l’ultima volta alla Nazionale di Monfalcone a fine aprile, non stava bene, si reggeva con un bastone, ma aveva voluto esserci per salutare ancora una volta gli snipisti.
Un mese fa, durante il viaggio per la Danimarca, Enrico mi ha parlato di suo papà, della sua salute sempre più precaria e delle speranze sempre più flebili, forse sperando che io, che avevo provato una situazione molto simile alla sua, gli dicessi qualche parola di conforto. Mi dispiace di non avere trovato nulla da dirgli. Qualsiasi cosa pensassi mi sembrava inappropriata o banale.
Sabato scorso, al matrimonio di Enrico e Daniela, Sergio non c’era, era in ospedale, ma era come se fosse lì presente.
Se ne è andato domenica notte. Buon vento Sergio. Ci mancherai.
Pietro Fantoni


