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Sicurezza in mare? Sì! No! Forse! Boh!
Data pubblicazione: 12/05/2004

Quanto era da poco successo al Trofeo Lisa Rochelli lo abbiamo saputo da un radio giornale, la sera stessa: venti laconici secondi nei quali si parlava di un centinaio di velisti coinvolti in un’operazione di salvataggio nel Golfo di Trieste a causa di un improvviso colpo di vento.

 

Probabilmente la speaker avrebbe messo più enfasi nel parlare dell’ultimo escluso da qualche reality-show televisivo...lasciamo perdere.

Dopo qualche ora Lo Spisso (alias Fabio Rochelli) confermava che nessuno si era fatto male, danni tanti, addirittura venticinque “bersagli” abbandonati nel golfo da andare a ripescare l’indomani, ma nessuno s’era fatto male... le buone notizie possono avere le forme più bizzarre!!

Quanto fosse stata brutta poi lo dicevano tanto le parole quanto il tono della voce dello Spisso, a dir poco sfinito, che per chi ne conosce la tempra “mineral-siderurgica” vale più di mille dettagli e approfondimenti.

La preoccupazione quindi era dissipata, rimanevano i pensieri, i ricordi, tanto delle volte nelle quali mi sono trovato a vestire i panni (..zuppi) di quello bisognoso di essere cavato d’impaccio tra i flutti, quanto di quelle nelle quali mi sono trovato dall’altra parte, attaccato ad un Vhf, a cercare di tirar fuori d’impaccio qualcuno.

Quanto segue quindi sono riflessioni in libertà (senza alcun’altra velleità..), figlie di esperienze più o meno felici, più o meno fortunate e dato che l’argomento della sicurezza in mare é semplicemente emarginato. Forse é opportuno andare per punti. Magari si riesce a far meno confusione ed in questa prospettiva l’ideale traccia seguita é il cercare di rispondere a qualche quesito “da poco” quale: “chi si occupa di sicurezza in mare?(e come lo fa?)” e “cosa si può fare di concreto (..anziché parlarne e scriverne..) per aumentare il livello di sicurezza in mare?”

Comitati di Regata: possono davvero lavarsene le mani?
La domanda é d’obbligo, ma merita una specificazione. Che i Comitati “possano” lavarsene le mani é fin troppo evidente, lo fanno tutti!
Che ciò sia “lecito” al di là della prassi é un argomento nel quale non entro. Credo questo spetti a chi abbia il know how adeguato ad approfondire l’aspetto giuridico della questione.
Il merito nel quale invece credo sia opportuno entrare qui, riguarda l’ “opportunità” di questa prassi; quindi la domanda diventa: “é opportuno che i Comitati si lavino le mani della sicurezza in mare (e della relativa responsabilità)”?
Quanto espresso dall’Avv. Phantomas, riguardo le clausole sulla responsabilità imposte dai Comitati, é ben più che condivisibile.
Liberare di ogni responsabilità il Comitato quando il Comitato stesso é l’unica “entità” su di un campo di regata (in particolare se si parla di derive) ad avere gli strumenti atti (ed utili) ad una efficace e tempestiva valutazione dell’evoluzione delle condizioni meteorologiche, ha oggettivamente del grottesco; quanto meno ne avrebbe, se  non fosse un’argomento eccessivamente serio.
Su quali elementi l’equipaggio di una deriva dovrebbe prendere una decisione (qualsiasi) discordante da quella del Comitato, a fronte del fatto che il Comitato é in possesso di elementi che il primo non può, ovviamente, avere?
Se é possibile stare ad opinare sulla decisione di “uscire” o meno, che può essere di competenza esclusiva del singolo, ben più complicato é farlo sulla decisione di “regatare” o meno o dell’ “aspettare” una volta che si sia in acqua, o sul “percorso da utilizzare”, su “dove” mettere il campo o, dulcis in fundo, sulla decisione del “tutti a casa, e di corsa”, aspetti questi ovviamente appannaggio esclusivo del Comitato, per i quali però lo stesso non risulta in alcun modo responsabile grazie proprio a quelle arci-note clausole di esonero da responsabilità!

A riprova di quanto sia priva di senso l’idea di una totale “deresponsabilizzazione” del Comitato si può considerare l’esperienza propria di altri Paesi: qualche anno fa, ad un Giro di Corsica (edizione francese) Bonifacio-Bonifacio, dopo 36 ore di rinvio per meteo avverso, il Comitato fu sul punto di dare la partenza, nonostante l’avviso di un Forza 10 da NW a Capo Corso (già la notte avevamo raddoppiato gli ormeggi, con raffiche a 50kt.. in fondo al fiordo di Bonifacio), rimettendo come di consueto agli skipper la responsabilità dell’eventuale decisione di partire.
Ad impedire l’immaginabile disastro fu la locale Prefettura, che diffidò il Comitato a far partire la regata, imputando ad esso qualsiasi responsabilità per quanto sarebbe accaduto in caso di violazione di tale diffida (..superfluo dire quanto sia tutt’ora grato alla Prefettura di Bonifacio).
Ovviamente il Comitato abbassò le orecchie e il Giro di Corsica divenne un emozionante “corta” Bonifacio-Portovecchio (percorso ripetuto due volte e mezzo) che si concluse senza incidenti (a parte gli spi rotti), con 40kt di NW e arrivo notturno.
In Italia sarebbe possibile una cosa del genere? Inverosimile, a prescindere che l’Ordinamento lo consenta o meno!
Considerando che la “catena” che porta all’emissione degli “allertameteo”, effettuati dalle Prefetture, é talmente lunga che quando “l’avviso di burrasca” arriva all’Ufficio della Capitaneria competente per territorio (che sia Direziomare, Compamare, etc,) la burrasca cui ci si riferisce nell’avviso di solito é già arrivata e se ne é andata da un pezzo, figurarsi se possa esistere una Prefettura con tempi di reazione (e volontà..) utili a fare quanto fece quella di Bonifacio.

Stante così la situazione é verosimilmente escluso che in Italia si possa far affidamento sull’intervento di un ente sovraordinato al Comitato che prenda decisioni sulla “sicurezza”. E di nuovo il Comitato si trova a disporre di un pieno potere di decisione, senza esserne in alcun modo “responsabile”.

Il problema quindi esiste ed é delicatissimo. E il caso di Bonifacio lo sintetizza perfettamente, perché  fino all’intervento della Prefettura il Comitato avrebbe dato la partenza, forte della propria “deresponsabilizzazione”; intervenuta la Prefettura e a parità di condizioni (MeteoFrance non aveva rivisto il “securité”..che poi si rivelò anche azzeccato..) il Comitato fece marcia indietro: unico elemento ad essere mutato era l’imputazione dell’eventuale responsabilità per quanto sarebbe accaduto in seguito alla decisione di partire. Quindi, a fronte della decisione presa in seguito alla diffida, fu evidente che il Comitato stesso valutava le condizioni come assolutamente proibitive (..e pericolose) ma che, forte della propria deresponsabilizzazione, sarebbe stato pronto (e lo era fino alla diffida) a dare la partenza, in modo da non dover fronteggiare le proteste dei partecipanti (..e le eventuali richieste di restituzione dell’iscrizione). Il Comitato aveva di fatto messo sulla bilancia la sicurezza dei partecipanti e le eventuali grane che avrebbe avuto con l’annullamento della regata, ed aveva scientemente deciso di preoccuparsi esclusivamente delle seconde, a tutto discapito della prima, per la quale non risultava responsabile!!

La valutazione dell’operato del Comitato di Regata di quell’edizione del Giro di Corsica non consta certo di parole di apprezzamento. Oltretutto si tratta di un caso limite in una regata d’altura, ma in quanto tale può fornire spunti di riflessione, certo é che l’argomento della “responsabilità” dei Comitati meriterebbe un serio approfondimento.

Assistenza in acqua ovvero <<ma quante barche appoggio ci vogliono?!>>
Ce ne vogliono tante, il numero lo fissa la FIV. Per le regate di derive dovrebbe essere pari ad un gommone (o facente funzione) ogni dieci barche (..circa)
In alcuni circoli si assiste ad un singolare fenomeno: con il bel tempo c’é un surplus di barche appoggio; col brutto, ovvero proprio quando potrebbero servire, non ce ne sono abbastanza. La variazione é dovuta fondamentalmente alla presenza (..e all’assenza) di molti soci (..amici dei soci, amici degli amici dei soci, etc.) cui viene data la possibilità di salire sulle barche appoggio (..quando non di approntarne ad hoc) a fini meramente ricreativi, riconducibili generalmente al prendere la tintarella lontano dalla confusione del litorale.
Fortunatamente il fenomeno non é diffuso, certo é che sarebbe opportuno osteggiarlo laddove si manifesti, giacché un congruo numero di barche appoggio “vere”, e non di “prendisole”, durante una regata, é senz’altro una determinante essenziale per la sicurezza dei partecipanti.

Enti preposti all’ assistenza in mare ovvero <<quella scritta S.A.R sulle motovedette arancioni>>
Il trattato Search and Rescue (questo significa l’acronimo SAR) é degli anni ‘70.
Con questo trattato i paesi firmatari condividono un protocollo di intervento per il soccorso in mare, coordinamento dei mezzi, procedure standardizzate, etc.
In Italia il SAR é una rogna che spetta alla Capitaneria di Porto-Guardia Costiera, che durante l’adempimento di tale mansione può disporre di mezzi aero-navali propri e di altre forze, come navi della Marina Militare ed aeromobili dell’Aeronautica Militare (demandata al SAR COMBAT: Search and Rescue in scenari bellici, cose tipo raccattare piloti abbattuti dietro le linee, etc.), oltre che coordinare l’azione di mezzi privati (il classico mercantile di passaggio mandato a raccogliere i naufraghi).
Inutile sprofondare nei dettagli. Per esperienza diretta posso dire che se utilizzato correttamente il SAR é uno strumento che funziona estremamente bene, nonostante gli scarsi mezzi a disposizione e le svariate miglia marine di competenza italiana.

Su tutto poi campeggia l’alea derivante dal fatto che non si sa mai “chi” si troverà in sala operativa.
Se si é fortunati, molto bene.... se non lo si é si può trovare davvero di tutto.

Da ultimo c’é il problema dei mezzi, che sono ridotti all’osso, e spesso, a causa dei ritmi di lavoro, sono tirati via dalla linea per la necessaria manutenzione straordinaria, così non é raro trovare intere metà di Compartimenti Marittimi con una sola motovedetta in grado di intervenire.

Meteo
Gli strumenti meteo contemporanei sono molto molto evoluti, sofisticati ed anche efficaci, solo che esistono alcuni problemi di “scala” nell’effettuare delle previsioni dettagliate, soprattutto “locali” (ed ecco il problema della “scala”) al momento irrisolti, nè risolvibili. In soldoni: se si considera una scala troppo grande, la perdita di dettaglio é tale da non riuscire a fare delle previsione “attendibili” a livello locale, se si considera una scala troppo piccola, le “variabili” ( e le relative interazioni tra le stesse), diventano talmente tante e complesse che basta una variazione infinitesimale in una che si produrrano previsione drasticamente differenti!
Di solito le previsoni che si trovano su internet, cui di solito si ricorre, sono sufficienti a quel che ci serve, dalla gita fuori porta barbecue-inclusive, alla regata, e l’attendibilità risulta decente (salvo realtà meteo ultra-locali o condizioni generali particolarmente variabili). Quando però si tratta di prevedere fenomeni repentini (e violenti) su scala ridottissima, certi strumenti non vanno più bene, considerarli affidabili sarebbe come considerare affidabile un Tizio che vi assicura di essere capace di colpire una zanzara in volo sul centro-campo dell’Olimpico, tirando un arpione dall’ultimo anello superiore: beato-chi-ci-riesce!

E’ evidente che quando si tratta di garantire la sicurezza in acqua durante una manifestazione velica, serve proprio garantire ai partecipanti di non trovarsi in qualcuno di questi fenomeni repentini/violenti, come può essere il "neverin" di sabato 24 aprile, una tromba marina o anche solo un groppo molto violento, come fare?
Oggi ci sono centri-meteo privati che offrono (ovviamente a pagamento) questo genere di servizi di allerta-meteo. Ci sarebbero anche le Prefetture...a riguardo vale quanto già detto.

In Italia questi centri-meteo privati sono nati per lo più nelle grandi aree agricole, come la Pianura Padana, per offrire un servizio di allerta per gli agricoltori, ma ora cominciano a diffondersi su tutto il territorio.
Fondamentalmente il lavoro di questi centri consta di previsioni a cortissimo raggio (meno di sei ore) su micro-scala, grazie all’uso di modelli particolari e all’osservazione locale con strumenti quali stazioni meteo, palloni e radar, questi ultimi si stanno diffondendo con una certa rapidità e funzionano un gran bene.

Alternativa praticabile sono i Centri Meteo Regionali a latere delle Agenzie Regionali per l’Ambiente (le così dette ARPA,), ma si tratta di ambiti piuttosto aleatori e comunque a pagamento. Anche qui dipende da chi ci si trova innanzi: un ricercatore appassionato può essere di enorme aiuto, altrimenti é facile precipitare nell’italico incubo dei rapporti del cittadino comune con la Pubblica Amministrazione.

Probabilmente ricorrere a tali servizi é eccessivo, e risulterà tale tutte le volte che non si scatenerà l’evento repentino/violento sulla flotta dei regatanti, ma chi in cuor suo si sentirebbe di irridere il pagamento di un tale servizio in concomitanza di una regata particolarmente affollata?

Dotazioni di bordo ovvero << giù le mani dal mio portafoglio!>>:
Sgottatore e cima di ormeggio..fine.
Così ad occhio e croce é un pò poco, no?

In Italia le dotazioni di sicurezza di ciò che galleggia (navi, natanti, imbarcazioni, boe, tappi di sughero, pannolini usati, etc..) sono oggetto dell’attenzione delle più fini menti bizantin-barocche.

E’ la solita storia: nel Bel Paese la navigazione da diporto é stata assimilata per decenni a quella mercantile e per molti aspetti lo é ancora, basti pensare alla presenza dei problemi delle correnti nell’esame per la patente senza limiti dalla costa..sia chiaro, personalmente li considero come il latino alle Superiori: non serve, ma male non fa di sicuro, anzi!
Il punto é che tolti i problemi delle correnti, del programma per l’esame per la patente nautica rimane ben poco, e poi si trova gente che, con tanto di abilitazione “senza limiti”, non ha idea di come si ormeggi.

Sulle dotazioni di sicurezza in realtà qualche cosa di recente é stato fatto, fondamentalmente erano stati introdotti dei “principi” che avrebbero dovuto snellire e semplificare la questione, salvo poi la tempesta di circolari prodotte dal ministero competente(..??) che ha finito per ri-confondere ben bene la materia.

Fortunatamente le derive sono un mondo tanto piccolo, almeno agli occhi dei burocrati del ministero, che non meritano d’essere oggetto di regolamentazione specifica in materia di dotazioni di sicurezza, quanto meno non invasivamente (in caso contrario ci troveremmo a dover mettere una zattera autogonfiabile da 4+2 persone sullo specchio di poppa...), ma questo non vuol dire affatto che le dotazioni di sicurezza, su di una deriva, siano inutili, semmai il contrario.

In ambito “vela” c’é il nostro ministero sovranazionale, l’ISAF, che aggiorna regolarmente un vastissimo regolamento sulle dotazioni di sicurezza: cavilloso, pesante, a volte ridondante forse, ma efficace..quando applicato (ovviamente riguarda fondamentalmente barconi e regate di altura).
I Comitati di solito usano citare nel bando l’ “Appendice” del regolamento ISAF alla quale intendono rifarsi in quanto a prescrizioni in materia di dotazioni di sicurezza (parliamo ancora di regate di barconi), e giù a scaricare file .pdf per vedere di cosa ci sia bisogno, salvo poi scoprire che nel medesimo bando, poche righe oltre,  gli stessi comitati disapplicano qua e là, modificano, stiracchiano, e alla fine ci sono sempre barche che partecipano alle regate d’altura (parlo di altura vera, 500-600miglia di percorso) con dotazioni di sicurezza sufficienti a mala pena per uscire a fare il bagno davanti al porto.

Per quel che riguarda le derive, sempre in ambito ISAF, si sta parlando di imporre agli equipaggi (di classi olimpiche) la dotazione di un VhF (portatile, ovviamente).
In realtà l’idea non nasce per esigenze di sicurezza, ma per avere uno strumento efficace per richiamare individualmente gli OCS nelle regate molto affollate.
Al momento sono già in molti ad usare il VhF per altri fini (parliamo ovviamente di equipaggi di punta): chiacchierano col loro coach e col capo del team meteo fino al’inizio delle procedure di partenza, poi spengono il VhF, lo mettono in una sacca stagna/galleggiante e lo gettano in mare perché lo recuperi il loro gommone appoggio (ogni tanto la sacca non galleggia e l’attrezzo va in dotazione a qualche cefalo locale, come é successo qualche mese fa a Cayard! :-)) ).

I dubbi che nutrono all’ISAF riguardo al VhF dipendono fondamentalmente dal rischio che qualcuno lo usi poi in regata, per avere informazioni dall’esterno. Soluzioni? Molte, ma non ci interessano, anche perché non é di questa maniera d’uso del VhF che si sta parlando.
Come pura e semplice dotazione di sicurezza il VhF se ne potrebbe stare comodamente riposto in una sacca stagna, nè più nè meno di come fa chi oggi, in maniera lungimirante, si porta in barca un cellulare...e non credo che si possa contestare a questi che facciano uso di elettronica vietata o che intendano usare il telefono per avere informazioni dall’esterno (..se non sull’esito del GP o del derby..)
Ma allora il cellulare non basta? Sì, basta, ma il VhF sarebbe sicuramente meglio per 1000 ragioni, ad esempio col VhF non serve avere il numero di telefono di tutti i “natanti” che possono trovarsi in qualsiasi momento dalle nostre parti!
Giacché si parla tanto di consentire l’uso della bussola elettronica (..e sarebbe ora), forse il VhF potrebbe essere un attrezzo sì costoso ma che consentirebbe di alzare la soglia di sicurezza tangibilmente, senza avere riflessi sulle performance degli equipaggi.

E poi c’é la questione della “visibilità” in acqua.
All’estero, dove si naviga in acque più “insidiose” delle nostre, o forse solo “mediamente” più insidiose, sono molto diffuse le appendici arancione-fluo.
D’accordo: esteticamente sono un pugno in un occhio (..se non altrove) ma cercare qualcosa di arancione fluo anziché di bianco anche solo in un miglio quadrato d’acqua (si fa poco a fare un miglio quadrato, considerata la lunghezza dei nostri percorsi), con moto ondoso significativo (le creste delle onde, anche le mere ochette, usano essere bianche..), in condizioni di scarsa visibilità (poca luce, pulviscolo d’acqua..), può fare una differenza significativa.

Sulla stessa falsa riga si collocano altre dotazioni, che nessuno sta suggerendo (..per carità!) si tratta solo di un censimento di opzioni a volo d’uccello.
In primis ci sarebbe la dotazione personale di una torcia stroboscopica impermeabile, che, data la miniaturizzazione raggiunta, può stare benissimo nella tasca di un giubbotto salvagente o di uno spray-top: é piccola, robusta, pesa poco e non costa tanto..e volendo dà un tocco di Hi-tech all’albero di Natale!
Qualcuno potrà obiettare che con lo snipe non si fanno le notturne, ed é vero, ma rinviando allo scenario paventato poc’anzi (la scarsa visibilità) esorto chiunque a sostenere che una mano agitata a soli 100metri sia visibile tanto quanto una mano agitata che tenga in pugno una strobo.

Alla stessa maniera suonerà inopportuna (..ed infatti nessuno la sta proponendo o paventando) la terribile e abbietta idea di tenere a bordo qualche segnale luminoso: se non qualche razzo di segnalazione, almeno qualche fuoco a mano. Per chi non é pratico, il razzo parte in aria (..come ogni razzo che si rispetti e come ogni razzo che si rispetti può risultare complicato controllarne la traiettora), quindi tra le altre cose rende possibile trapassarsi le vele (mai visto “Ore 10 calma piatta”??), mentre il fuoco a mano é come una di quelle stelline che si accendono a Natale  e che si agitano mettendo a repentaglio camicie, maglioni e tappezzeria, solo un pò più luminoso, e di colore rosso.

Nel tentativo di far luce nella confusione della disciplina sulle dotazioni di sicurezza per il diporto, sono stati introdotti in commercio dei kit fuochi-fumogeni per ogni diversa “categoria” (entro 6 miglia, entro 12, etc..), la categoria più bassa non costa molto (nell’ordine dei 20eu) e ingombra altrettanto poco...ribadisco che si fa solo per dire!

Chi é costretto a comprare questi ammennicoli (razzi e affini) usa di solito lamentarsi di doverli buttare via nuovi (scadono come le medicine), senza avere avuto occasione di farne l’uso per il quale li aveva comprati, ed ogni volta che sento certe lamentele mi chiedo se il “lamentante” abbia idea di che cosa si stia lamentando o se sia semplicemente scemo. Ad ogni modo, una volta scaduti, i segnali luminosi risultano ottimi per illuminare qualche party particolarmente movimentato!...anche se credo sia illegale..

Considerazioni finali:
Per quanto riguarda il protocollo SAR e l’affidabilità degli Enti preposti alla sicurezza in mare, non c’é nulla che si possa fare se non rifarsi all’antico adagio: <<Aiutati che Dio t’aiuta!>>, e peggio ancora quando si tratta di doversi misurare con disposizioni o atteggiamenti a dir poco incomprensibili, come la scelta di un area da riservare alle regate (e non di un’altra..) o l’imposizione di alcuni obblighi/divieti particolari (parliamo dell’obbligo di navigare a motore in porto..per una deriva?).

C’é fondamentalmente un problema di “ignoranza di base”, nel senso che l’Ente preposto e le persone nelle quali questo si “incarna” spesso, purtoppo spessissimo, “ignorano” cosa sia il diporto, figurarsi le derive!
L’unica via, in tal caso, rimane il cercare di intrattenere i prosaici “buoni rapporti” con chi di dovere, cosa estremamente facile a dirsi, tutt’altra cosa riuscirci.

Parimenti c’é poco da fare per quanto riguarda le clausole di esonero da responsabilità (purtroppo) e la più generale condotta dei Comitati, anche se come detto (e auspicato) l’argomento meriterebbe un approfondimento giuridico.

Qualcosa invece si potrebbe fare per quanto riguarda le dotazioni pure e semplici, un pò come dire <<mettiamo nelle migliori condizioni possibili chi ci venisse eventualmente a ripescare>> e questo lo si potrebbe fare anche a livello di Associazione di Classe, senza scomodare Appendici ISAF et similia.
Sia chiaro nessuno propone o pensa all’imposizione di una batteria di razzi di segnalazione per ogni beccaccino navigante, o all’obbligo di un VhF (se non di due!) chissà quanto potente, o di un EPIRB!
La questione é di profilo molto più basso e riguarda l’opportunità o meno di introdurre, almeno a livello di discussione, l’argomento della “sicurezza in acqua”, cercando di mettere insieme una qualche proposta per provare ad introdurre un qualche “arricchimento” delle dotazioni di sicurezza obbligatorie a bordo di un beccaccino e a vedere come ciò venga recepito dai regatanti, soprattutto badando bene ad evitare che “arricchimento” delle dotazioni di sicurezza non diventi necessariamente sinonimo di “depauperamento” delle tasche dei regatanti.
Va da sè che al di là delle decisioni ufficiali e dei regolamenti, sarà sempre il raziocinio di chi partecipa al gioco la miglior garanzia di una adeguato livello di sicurezza.

Per quanto riguarda poi quanto accaduto il 24 aprile in quel di Trieste, i più sinceri complimenti vanno al Comitato, al Circolo organizzatore e a tutti quelli che hanno partecipato all’operazione di soccorso e recupero.
Probabilmente la Bora é di casa a Trieste proprio perché sa che a Trieste trova tutti loro, mentre altrove finirebbe senz’altro peggio, molto molto peggio.

G I

Stiamo acquisendo le candidature per le località che ospiteranno le nostre regate nazionali per la stagione 2013. Scrivere al Segretario nazionale 2012-2013 peloja@katamail.com
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