tutti i testi del sito
Scorri in: Tutti > testi

[ articoli ] Intervista al coach dei “ragazzini” Campioni del Mondo Snipe
Data pubblicazione: 01/04/2008
immagine

James Gatz, l’artefice della vittoria di Tomas Hornos e Enrique Quintero, rappresenta il tipico sogno americano, l’uomo che si è fatto da solo, il cowboy della vela alla conquista dell’ultima frontiera.

Qualcuno di voi l'avrà notato scorazzare sui campi di regata internazionali con il suo potentissimo gommone nero. Lo stesso modello di quelli in dotazione ai Navi Seals, gli incursori della Marina degli Stati Uniti. 

In questa intervista, tra motti, sentenze e aneddoti, ci parla della sua carriera di allenatore e del suo particolare modo di intendere la vela.

snipe.it: Ci può raccontare la sua infanzia e quando ha scoperto la vela?

JG: Sono nato in un paesino del North Dakota. La mia famiglia non si può certo dire che fosse agiata. Mio padre faceva il contadino, mia madre era casalinga. Sono il quinto di sei fratelli. Quando mio padre ha lasciato mia madre, noi fratelli ci siamo dovuti arrangiare come potevamo. Ho frequentato le scuole pubbliche fino a sedici anni e, nel frattempo, aiutavo mia madre e i miei fratelli a guadagnare qualcosa. Non studiavo molto, ma ero abbastanza sveglio. A diciassette anni, quando due dei mie fratelli maggiori sono partiti per il Vietnam, mi sono trasferito a lavorare in un albergo sul Lago Superiore. E’ stato lì che mi sono imbattuto per puro caso nella vela. Fino a quel momento gli unici sport che conoscevo erano il football (ero un buon running back a scuola) e il pugilato (nel mio paese per ottenere qualcosa dovevi spesso alzare le mani).

Un giorno di settembre vidi uno yacht gettare l’ancora nella secca più insidiosa del Lago Superiore. Era la barca di Mr. Dan Cody, uno dei più ricchi uomini d’affari d’allora, che, grato perché lo avvertii della presenza di uno scoglio che avrebbe potuto affondare lo yacht, mi assunse e mi regalò una giacca azzurra, sei paia di calzoni bianchi e un berretto con visiera da yachtsman.

Da lì è iniziato il mio rapporto con la vela

snipe.it: Può percorrere brevemente le tappe saliente di quarant’anni dedicati alla vela?

JG: Mr. Dan Cody era un tipico W.A.S.P. (N.d.R.: White, Anglo-Saxon, Protestant) della East Coast, socio e collega d’affari di molti esponenti di spicco del New York Yacht Club. Nella sua villa a Long Island, durante quelle che chiamava “festicciole”, potevi incontrare molte persone che finanziavano le sfide della Coppa America. Fu così che entrai nel giro della Coppa e fui coinvolto in tutte le difese dal 1970 al 1983.

snipe.it: Come è riuscito ad adattarsi al sofisticato ambiente di Newport?

JG: La differenza fra una persona di successo e le altre non sta nella mancanza di cultura o di energia, ma, piuttosto, nella mancanza di volontà.

Io sono un contadino del North Dakota. Non lo dimentico. Quelli con il blazer blu e i pantaloni rossi (N.d.R.: i soci del New York Yacht Club, famosi per questa divisa) hanno poche cose in comune con me. Tuttavia vogliamo entrambi vincere.

snipe.it: Il suo ruolo nelle difese della Coppa?

JG: Allenatore per il sindacato di Intrepid nel ’70. Poi stesso ruolo per Corageous nel ‘74 e ’77. Nel 1980 e 1983 sono passato al ruolo di coordinatore tra i vari sindacati e osservatore per il NYYC.

In ogni caso, più che allenatore o coordinatore, sono sempre stato un istigatore.

Le mie uniche conoscenze sportive, come ho detto, erano il football e il pugilato. Quello che ho portato nella vela è stato un differente approccio e una diversa mentalità. Da sport per ricchi vestiti di bianco, con scarpe in corda e cappello con visiera è diventato uno sport di collisione.

Mi piace citare Vince Lombardi (N.d.r: famoso allenatore di football) e modificare una sua famosa frase: “La vela non è uno sport di contatto, è uno sport di collisione...il ballo è un sport di contatto”.

Questo è ancora più vero nel match racing dove non puoi vincere un match se non batti l'avversario di fronte a te.

Io in tutti questi anni ho lavorato sulla mentalità. Nell’80 avevamo una barca più lenta, ma eravamo più determinati. Abbiamo vinto 4 a 1. questo perché le battaglie della vita non sempre le vincono i più forti o più veloci. Ma presto o tardi, a vincere sarà l'uomo che lo desidera di più.

snipe.it: Dopo tutte quelle vittorie, cosa le ha insegnato la famosa sconfitta dell’83 contro Australia 2?

JG: Vincere è una abitudine. Sfortunatamente, lo è anche perdere.

Se non sai accettare la sconfitta, non sai vincere.

Il New York Yacht Club non ha saputo accettare la sconfitta e così me ne sono andato.

snipe.it: Quali sono stati gli errori?

JG: Loda in pubblico, critica in privato. Quindi non rispondo.

snipe.it: Di che cosa si è occupato dopo l’83?

JG: Mi sono occupato di derive olimpiche e di programmi per lo sviluppo giovanile. Ho seguito il team USA per le Olimpiadi di Los Angeles ’84 e Pusan ’88. Sono stato coach per alcune prestigiose Università e per alcuni velisti americani di successo. Ciò, rispetto all’America’s Cup, è molto più interessante, perché puoi fare crescere le persone, le loro motivazioni.

snipe.it: Lei insiste sempre sulle motivazioni ... 

JG: Sì la tecnica è importante, ma, a certi livelli, viene dopo. Mi piace molto il team racing proprio per le motivazioni e per il lavoro di gruppo che richiede. Chi sa lavorare in gruppo vince, sia contro un forte avversario, sia contro i problemi sociali.

Io dico sempre ai miei ragazzi: “Quando dovete fare uno slam dunk immaginatevi che l’avversario che dovete coprire sia quello che vi ha derubato di tutto ciò che avete e l'unico modo di recuperare i vostri beni è quello di ucciderlo!

Il successo è come qualsiasi altra cosa di valore: ha un prezzo. Devi pagare quel prezzo per vincere, lo devi pagare per raggiungere il punto in cui il successo diventa possibile. Ma soprattutto devi pagare quel prezzo per restare una persona di successo.

snipe.it: Lei è famoso per gli allenamenti estenuanti ai quali sottopone i suoi velisti. Che importanza ha l’allenamento?

JG: La pratica non rende perfetti. È la pratica perfetta a rendere perfetti.

snipe.it: Può descriverci l’allenamento tipo?

JG: Corsa la mattina presto. Poi pesi in palestra o un breve combattimento di pugilato. Sono convinto che il pugilato imponga un’assoluta autodisciplina. Oltre che essere uno sport estenuante anche le prendi. Sei obbligato a convivere e a vincere la paura. E’ un mix tra paura e arroganza, consapevolezza dei tuoi limiti e delle tue forze.

Poi meticolosa preparazione delle barche. Per gli allenamenti preferisco posti con vento fortissimo, da sopravvivenza.

Il mio motto è: “Non importa quante volte scuffi, ma quante volte scuffi e ti rialzi!”.

Quando soffri alle cinghie o girando le manovelle dei winches, devi pensare che l’avversario sta soffrendo come te, ma tu vincerai perché sei più abituato a soffrire.

L’allenamento in condizioni estreme di vento forte migliora la sensibilità in ogni condizione.

Dopo l’uscita, verifica delle barche, corsa, stretching, e poi in aula per l’analisi della giornata.

snipe.it: Qual è la vittoria più bella in 40 anni di regate?

JG: Credo fermamente che l'ora più bella per ogni uomo, la completa realizzazione di tutto quello che gli sta più a cuore, sia il momento in cui, avendo dato l'anima per una buona causa, egli giace esausto sul campo di battaglia. Vittorioso.

Mi ricordo un mio ragazzo ad un Campionato Nordamericano Finn, quando ancora i più forti usavano più di dieci chili di appesantimento sulla schiena. Ultima prova, vento forte, il mio ragazzo sente un forte dolore al ginocchio, ma prosegue soffrendo e vince. A terra, si reca zoppicando alla premiazione e, quando vede la bandiera Stelle e Strisce salire sul pennone più alto, scoppia a piangere. Un omone di 100 chili che scoppia a piangere. Il giorno dopo la diagnosi è: “rottura dei legamenti crociati”.

La lezione da trarre è: “non esiste l'infortunio, l'infortunio è nella mente. Se puoi camminare, puoi correre e cinghiare”.

snipe.it: Molti non si aspettavano la vittoria di Hornos – Quintero al Mondiale Snipe e sostengono siano stati fortunati.

JG: Tomas ed Enrique sono due ragazzi giovani che hanno lavorato molto duro. Ho sentito queste voci. E’ solo invidia.

Vi dico questo. Il primo giorno tutti pensavano che fosse fortuna e pensavano che il giorno dopo scoppiassero non reggendo la pressione di vedere il loro nome in cima alla classifica.

Io ripeto sempre ai miei ragazzi: “Il punteggio sul tabellone non significa nulla nel momento della battaglia, quello è solo per il pubblico. Tu devi vincere la guerra con l'avversario che ti è di fronte!”

Solo alla fine della guerra vale la domanda: se vincere non è tutto, perché tengono i punti?

Ho sentito molti loro avversari affermare, comodamente seduti al bar, che le cose sarebbero andate diversamente se il Mondiale si fosse corso con vento forte.

Bene! Ricordo a questi regatanti da bar che il dizionario è l'unico posto dove successo (success) viene prima di fatica (work).

James Gatz si congeda così, bruscamente e un po’ indispettito. Si alza, ci stringe la mano facendoci scricchiolare le ossa, e se ne va con la sua aria da sergente dei marines impettito e sicuro di sé.


Download file: sergente.wav sergente.wav
Stiamo acquisendo le candidature per le località che ospiteranno le nostre regate nazionali per la stagione 2013. Scrivere al Segretario nazionale 2012-2013 peloja@katamail.com
Foto della settimana
Ogni contributo è benaccetto. Spedire articoli, foto, classifiche o altro a phantomas@snipe.it