| Scorri in: |
Tutti
> testi
> articoli
> Letture
|
Data pubblicazione: 01/03/2008
Un pezzo di storia e di vela adriatica.
Di Alfedo Puccinelli
A destra: 1963 - Piombino, Campionati Italiani Snipe. I 11327 Puccinelli - Villanucci. Posizione da sogno. Appena virata la prima bolina davanti a Vittorio Porta e Dodo Gorla.
Mi capita spesso di questi tempi che mi metta a scrivere; poi pianto tutto e butto le carte in un cassetto.
Ritrovo oggi quel che avevo scritto in occasione della regata nazionale Snipe del 2006 qui a Pescara.
Posso dire che questa barca ha segnato indelebilmente parte della mia vita fin dall’inverno del ’41, quando a Zara mio zio, con un amico, si mise a costruire in un magazzino del Pastificio Puccinelli, dopo il lavoro, una barca a vela di progetto americano. Ricordo dei bellissimi ma molto complicati piani di costruzione (ora io li ho) e sentii per la prima volta certe strane parole: corbe, serrette, bagli, dormienti e madieri.
Cercavo di andare tutte le sere a vedere gli stati di avanzamento; cominciò a comparire tutto lo scheletro, il fasciame, la coperta con la tela incollata sopra, l’albero, i tiranti con le impiombature.La difficoltà maggiore sorse con la “colomba”. Chissà perché, la deriva la chiamavano così.
C’era la guerra e non si trovava la lamiera da 8. Decisero di attaccare due lamiere da 4 con tanti ribattini e varie saldature autogene.
In giugno dopo il battesimo del parroco, fu varato Aldebaran: era bianco con la coperta verde chiaro.
Quasi tutti i sabati mio zio che abitava vicino mi chiamava: “Alfredo, ti vol vegnir a bordisar?”. Scendevamo in un piccolissimo porticciolo sotto casa, con la randa avvolta al boma e via! Mio zio si sdraiava a prendere il sole e mi diceva: “Guarda sempre il Castello di S. Michele tra il tirante e l’albero e va dritto”. Sembrava facile, ma finiva che vedevo il castello sotto il boma e la randa sbatteva.
“Mona. Ti ho detto di puntare il castello tra il tirante e l’albero! Così stiamo fermi … e non prendo il sole!”.
Seguirono anni tragici, bombardamenti, sfollamento, foibe, tedeschi, titini, profuganza.
Ricordo ancora l’impressione che mi fece nel ’46, appena scappati, vedere davanti al molo Audace, a Trieste, tre ragazzi che, felici, “bordisavano”.
Per noi c’erano i campi profughi.A Venezia, dove vissi un paio d’anni, andavo a vedere i “cutter” davanti alla “Compagnia della Vela”. C’erano Dragoni, Star, anche qualche beccaccino e sognavo: “Quando sarà la mia orà?”.
Passarono gli anni. A Pescara cominciai a lavorare e con Rodolfo Villanucci -che ci ha da poco lasciati ed al quale è stato giustamente intestato un trofeo- comprammo “Furietto”.
Cominciammo a fare qualche regata nelle Marche, trasportando la barca con il treno. Qualche amico ci imitò e fondammo la “Flotta Aternum”: era il 1961.
Acquistarono lo snipe “Giulia” Angelo Pierangeli e Claudio Franceschelli; Luca Nicolaj ed Enzo Tintorelli comperarono “Mizar”; Sergio Franci prese “Guapa” di Villanucci e Rino Libertini comprò “Tequila” da me. Poco dopo Fausto Barcaroli comprò da noi “Furietto”.
Cercammo di organizzare un campionato di flotta, ma la cosa interessava solo Villanucci, me ed un pò Nicolaj che pure partecipò a qualche regata. Mandavo i risultati del Campionato di Flotta e così “Topo Gigio” e “Mizar” poterono partecipare ai Campionati Italiani che agli altri non interessavano.
Comperai una vecchia 1100E ed una nuova barca “Topo Gigio”, battezzata da don Valentino, prete velista, e decidemmo di andare a Venezia ad una regata nazionale. C’erano i “grandi” dello snipe che conoscevo da “Vela e Motore”.
Guardavo emozionato questi “grandi” che armavano le barche, cercando di carpire qualche segreto.Armammo anche noi e Rodolfo mi disse: “Questi parlano tutti come te. Va a chiedere a D’Isiot -che era uno dei più famosi- se ci da un’occhiata e se abbiamo armato bene”. Andai.
“Scusi signor D’Isiot, potrebbe, se ha un minuto di tempo, vedere se abbiamo armato bene? Sa, noi siamo principianti”.
“Ciò mona, mi me ciamo Danilo, appena go finio vegno”.
Potei constatare allora che ero entrato in una grande famiglia; tutti erano gentili e ci davano consigli; eravamo sempre quelli che venivano da più lontano e ci incoraggiavano a continuare.
Tutta la mia vita era impostata sulla barca, ogni soldo destinato alle cerate, alle vele, al carrello; facemmo venire una muta di vele dalla California ed effettivamente facemmo dei miglioramenti.
Comperammo una barca nuova di Colombo di Cadenabbia: era il “Brunello” dei fratelli “Brunelli”, che era arrivato terzo agli Europei Juniores e così riuscimmo a prendere i contributi della Federazione quasi sempre.
Andammo a S.Margherita, Rapallo, Genova, Trieste, Chioggia, Monfalcone, ai laghi di Como, Garda, Lugano, Maggiore ed ogni volta erano più di mille chilometri. Solo Rimini e Riccione erano quasi a casa.
Quanti bei ricordi, quanti amici e quanti clubs. S. Margherita, Rimini, con le magnifiche feste al Grand’Hotel, quello di Amarcord.
Passarono gli anni, la famiglia divenne più importante, i contributi non c’erano più e le spese divennero insostenibili. Continuai a fare qualche regata nei paraggi con uno Strale, poi smisi ma continuai a veleggiare con il Finn sulla spiaggia. Poi ci cacciarono anche da la.
Ho visto i nuovi snipe di vetroresina; sono bellissimi e super tecnici, ma forse non hanno un’anima, difatti quasi più non hanno nomi. L’ambiente però è quello di sempre, cordiale, amichevole, forse in acqua un pò meno, ma come vuole la tradizione. Ho tanto apprezzato l’omaggio fattomi da Segretario di Classe: il libro “Lo Snipe”, sul quale ho ripercorso una parte della mia vita. Ho rivisto in foto i “grandi” che hanno fatto la storia dello Snipe; logicamente i 30/40 regatanti dall’11 posto in poi non compaiono, ma quella grande base grigia ha fatto si che la vetta della piramide Snipista arrivasse tanto in alto.
Alfredo Puccinelli. I 9699
1963 PIOMBINO Camp. Ital. Puccinelli-Villanucci.JPG
Puccinelli - Villanucci - ita 12786.JPG


