beccaccini classici
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Come si viaggiava una volta
Data pubblicazione: 28/11/2005

di Giorgio Brezich (tratto da "La vita dello Snipe in Italia", Sergio Michel, Alberto Perdisa Editore - Airplane s.r.l., 2004).
Scrivere un libro sullo Snipe vuol dire andare indietro con la memoria e fare un po' la storia.
Gli amici più giovani rimangono attoniti quando racconto come fossero i trasporti dell'epoca e le prime trasferte.
Allora le autmobili erano molto poche e ben rare quelle attrezzate con gancio e carrello, per cui restavano due soluzioni: o caricare la barca su di un carro ferroviario oppure noleggiare un camion. Tutte e due le soluzioni erano piuttosto costose, per cui era uso caricare più barche sullo stesso mezzo per diluire i costi.
A Trieste, le cose iniziarono con il noleggio di un carro a quattro ruote gommate, da trainare a mano con il quale andavamo alla "Innocenti" a noleggiare tubi e morsetti per costruire un traliccio sul cassone del camion per poi caricare tre barche sovrapposte.
Caricare le due più basse non era facile, ma nemmeno drammatico; ben diverso il discorso per quella che stava più in alto!
Risolto il problema barche, rimaneva quello degli uomini che dovevano pur spostarsi. Uno o due stavano in cabina con l'autista; però ne rimanevano altri quattro che, quatti quatti, senza che l'autista se ne avvedesse, s'intrufolavano nelle barche e le spese ne traevano giovamento.
Io penso che l'autista se ne fosse sempre accorto, ma ogni volta, arrivati a destino, faceva finta di stupirsi quando dalle barche spuntavano degli zombi.
Lui aveva bisogno di noi e noi di lui, i tempi non erano facili per cui ...
La prima trasferta importante la feci a Luino. La Luino dei tempi d'oro, con quasi cento barche al via. Poiché ero molto giovane e non avevo ancora documenti, Trieste allora era Territorio Libero amministrato dal Governo Alleato (USA e GB) e per entrare ed uscire dalla città era necessario varcare il confine, il problema venne risolto al solito modo: dentro la barca e coperto dai sacchi delle vele!
Nel caso di spedizione via ferrovia, le cose erano più complicate, perché si dovevano portare le barche alla stazione ferroviaria con il solito carro a mano, caricarle sul vagone, rizzare la barca con il filo di ferro per impedirne il movimento, passare la verifica del capo stazione, pagare il nolo e, soprattutto, sperare che prima o poi la barca arrivasse a destino integra ed in tempo per la regata.
Pensate che la normativa federale prevedeva che nei bandi di regata venissero scritte le indicazioni in caso di spedizione per ferrovia (e questo era logico visto che il circolo organanizzatore si incaricava di "svincolare" la barca all'arrivo e portarla in sede).
Le barche, allora, erano rigorosamente in legno massello, che in viaggio si asciugava creando delle fessure tra i vari corsi del fasciame e, molto spesso, arrivati a destino, si doveva bagnare lo scafo per renderlo nuovamente a tenuta.
Col passare del tempo la dissponibilità di macchine aumentò, per cui sentimmo la necessità di avere dei carrelli che però non erano in commercio e quindi venivano costruiti artigianalmente con assali di macchine incidentate e tubi del gas dismessi.
Va precisato che il carrello non era neppure previsto dal codice della strada e, quando abbiamo iniziato a trsportare barche con questo sistema, sono anche iniziate le avventure e le sorprese con i vigili che spesso ci impedivano di continuare il viaggio in quanto "fuori legge".
Sembra folle! Però le cose stavano proprio così e noi ci divertivamo lo stesso, forse perché avevamo veramente tanto entusiasmo e ci sentivamo dei privilegiati, perché la maggioranza dei nostri coetanei non si allontanava mai dalla città, mentre noi giravamo l'Italia e l'Europa.

La_vita_dello_Snipe_in_Italia

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