Cos'e' un beccaccino classico

Il problema delle definizioni.

 
Cos’è un “Beccaccino classico”? E poi un beccaccino classico si differenzia da un beccaccino d’epoca? Né la SCIRA internazionale, né la SCIRA Italia hanno, al momento, fornito una definizione. Possiamo considerare beccaccini d’epoca quelli con più di 25, 30 o 35 anni? E questi devono essere costruiti in legno? E se sono stati rimaneggiati in maniera poco “filologica”? Possiamo considerare beccaccini classici tutti gli Snipes in legno anche moderni?

Le definizioni non possono che essere arbitrarie e soggettive.

Alcuni esempi. Nei Dinghy 12 piedi, l’Associazione di Classe ha stabilito che sono scafi d'epoca" quelli con più di 25 anni di età e “classici” quelli di legno anche di costruzione recente. La Classe 5.50 S.I. assegna la Classic Cup alle imbarcazioni costruite anteriormente al 1970 ...

Per i raduni di barche d’epoca i criteri sono ancora differenti.

Sarebbe il caso che la SCIRA internazionale (o, nel silenzio di questa, la SCIRA Italia) deliberasse sull’argomento. In attesa di ciò, invitiamo tutti i proprietari di Snipes d’epoca (diciamo con più di 30 anni) o di scafi in legno, a compilare la form Censimento Beccaccini Classici.

Sul problema di definizione di barca d'epoca (in generale), Vi proponiamo due interessanti articoli.

 
RESTAURO DI BARCHE D'EPOCA
(tratto da http://www.nautica.it/info/maint/restauro.htm )

Definire quale barca sia da considerarsi d'epoca non è facile: è quella che ha più di venticinque o più di trent'anni? E se è stata rimaneggiata profondamente, è ancora da considerarsi d'epoca? E chi stabilisce e definisce il grado di rimaneggiamento o di trasformazione, stabilendo così se la barca è d'epoca o no? In realtà, il termine "barca d'epoca" è solo una definizione soggettiva, mancando una definizione derivante da legge o almeno da consuetudine, così come anche, ad esempio, avviene per il termine "motorsailer": la legge italiana stabilisce quando l'imbarcazione è a vela (con o senza motore ausiliario) e quando invece è a motore (con o senza vela ausiliaria), ma non prevede il motorsailer, genericamente e abitualmente indicato come un'imbarcazione in cui motore e vela hanno uguale importanza ai fini propulsivi. Si capisce subito quanto la parola "motorsailer" sia vaga, dipendendo dalla superficie velica, dalle forme di carena, dalla capacità di stringere il vento, dalle forme e dalle dimensioni degli interni e della tuga e via dicendo. Siamo nel vago.
Così avviene anche per il termine "barche d'epoca", variamente interpretato dai proprietari, dal cantiere, dai progettisti, dall'ASDEC, dall'AIVE e dalle altre associazioni di proprietari di barche, dagli organizzatori dei raduni, dai broker. A essere pignoli, che differenza ci può essere, in tanti casi, tra la barca classica, quella d'epoca, quella tradizionale e quella semplicemente vecchia? In pratica oggi abbiamo due correnti di pensiero per la definizione della barca, come "d'epoca": da una parte c'è chi sostiene che è sufficiente che resti un solo chiodo per dire che la barca è d'epoca, mentre gli integralisti sono di avviso assolutamente contrario, non ritenendo ammissibili variazioni o ricostruzioni, se non nomine. Non volendo entrare nel merito della questione, parlerò genericamente di barche d'epoca o classiche, senza distinzioni o preclusioni.
Che le barche d'epoca siano di moda è evidente: le riviste nautiche ne parlano, i broker le cercano e gli appassionati pure, mentre quotidiani e periodici intervistano volentieri famosi personaggi, fotografati a bordo dei loro preziosi velieri, trovati in un angolo di fiume, buttati da una parte, ma riconosciuti, armati e portati in Italia per il "restauro".
Questo interesse è esploso abbastanza recentemente, se si considera che, fino a una decina d'anni fa, i capannoni erano pieni di barche di legno che ormai non voleva più nessuno e sembravano destinate ad una lenta agonia o alla demolizione. Ma viviamo nell'epoca del consumismo: la barca in vetroresina è ormai stata accettata, è diffusissima, non ha più segreti e soprattutto viene costruita in serie, per cui anche quella più raffinata e costosa diventa un oggetto che chiunque - si fa per dire - può avere. E allora come ci si può distinguere dalle masse che hanno riempito i porti di barche di plastica così simili tra loro, per non dire uguali o copiate? C'è solo un sistema: cercare il pezzo unico che non ha nessuno, ossia la barca in legno, anche se vecchia, malconcia o addirittura semidistrutta o rimaneggiata oltre i limiti del buon gusto. Va tutto bene, purché sia unica e di conseguenza diversa dalle altre. Ma questa fissazione per la barca classica è moda, è passione, è snobismo o è solo il desiderio degli ultimi arrivati nella nautica per farsi una nobiltà o un nome che magari hanno già in altri campi?

A ben guardare, tra i proprietari di questo tipo di imbarcazioni c'è veramente di tutto: lo studente senza soldi che vuole andare per mare con gli amici, l'industriale miliardario che vuole fare vedere a tutti che sa stare al timone di una barca, oltre che al timone del suo impero commerciale, il parvenu che vuole ostentare il suo potere economico e il vecchio appassionato che ha la barca fin dalla nascita ed è un vero intenditore.
Ognuno fa un uso diverso dalla sua barca: c'è chi la usa sul serio, c'è chi non ci va mai e la noleggia, c'è chi mette piede a bordo solo in occasione del varo o quando ci sono dei fotografi convocati per l'occasione e sempre con la poppa in banchina, c'è chi vive a bordo e fa piano piano il giro del Mediterraneo, chi ci va in America e chi resta a Portofino o a Porto Cervo tutto l'anno. Nulla accomuna tutti questi personaggi, se non il fatto di possedere una barca diversa dalle altre, e nulla accomuna le barche, se non il fatto di avere una certa età: si trovano infatti derive e barche da regata storiche come il Dinghy 12 piedi S.I., il Dragone, il Requin o la classe U., classi metriche da regata come il 5,50 S.I., i 6 e gli 8 metri, barche della classe J, lunghe più di 30 metri, barche da lavoro a vela o a motore, motoscafi e tante altre ancora. Insomma tutta una flotta eterogenea e multiforme di barche in legno, in acciaio, a struttura mista legno e acciaio, a vela e a motore, di cantiere famoso o senza pedigree.
Ben diverse sono anche le condizioni in cui una barca d'epoca si può trovare, perché si va dalla barca completamente abbandonata, se non addirittura affondata, alla barca tenuta in perfetto stato da proprietari scrupolosi: tra questi due estremi si trova tutta una gamma di imbarcazioni che finiscono comunque tutte con l'avere in comune la necessità di essere rimesse in perfette condizioni. Ed ecco che nasce il problema del restauro, anche se sarebbe più logico differenziare l'intervento su una barca: infatti si può presentare la necessità dei soli interventi di manutenzione ordinari e straordinari, o di riparazione, o di ricostruzione o di trasformazione. Ometto di parlare degli interventi deturpanti, perché abbiamo già troppi cattivi esempi davanti agli occhi girando per i porti.
Data dunque la necessità di intervenire su barche costruite decine di anni fa e che possono risalire agli inizi del novecento, se non al secolo scorso, ci si trova di fronte ad alcune possibilità di scelta: rivolgersi a un piccolo cantiere artigianale, tradizionale costruttore, teoricamente più economico, di barche da lavoro o portare la barca in un cantiere più noto e costoso di riparazione di barche da diporto? O meglio: conviene rivolgersi a un cantiere di riparazione o a uno di restauro?

Le differenze sono molte: un cantiere di riparazione è in grado di intervenire su qualsiasi parte di una barca classica, ma molte volte non ha il rispetto dovuto alle tecniche costruttive impiegate nella costruzione della barca che ci interessa, mentre un cantiere di restauro - e sono pochissimi in Italia - ha una grande preparazione, direi storica e culturale, su ogni tipo di costruzione tradizionale. Vero restauratore è colui che conosce i metodi costruttivi, i materiali impiegati, le caratteristiche tecniche degli scafi, delle attrezzature, delle vele, delle imbarcazioni da diporto delle epoche passate, mentre il riparatore è colui che normalmente lavora sulle barche recenti, per le quali non è richiesta sensibilità storica e rispetto della tradizione. Cantieri di riparazione e di costruzione in Italia ce ne sono alcune decine, mentre i cantieri in grado di intervenire profondamente su una barca storica per operazioni di restauro o ricostruzione sono molto pochi: tra questi ricorderò, ad esempio, Carlini di Rimini, De Cesari di Cervia, Bertolucci di Viareggio, Morri e Parra di Viserba, Valdettaro di La Spezia, il Cantiere Navale dell'Argentario di Porto S. Stefano, Mostes di Genova Pra, Sangermani di Lavagna e Beconcini di La Spezia.
Questi cantieri sono tutti validi ma non hanno le stesse capacità di intervento: ce ne sono di quelli che restaurano una barca all'anno o anche più di rado, altri per i quali il restauro è un fatto occasionale, data anche la ristrettezza dei necessari spazi coperti disponibili, mentre il numero dei cantieri che intervengono continuamente su barche d'epoca è abbastanza ristretto: tra questi il Cantiere Navale dell'Argentario, Mostes, Sangermani e Beconcini, cantiere che ho visitato recentemente per fare il punto sui maggiori cantieri del restauro in Italia.

COS'E' UNA BARCA D'EPOCA
(tratto da http://www.nautiweb.it/Portale/Redazione/FuoriRotta/articolo00.asp )

Un mio vecchio amico, che possiede e naviga con una barca ultracinquantenne, ha posto in quadrato una targa, con su incisa, in inglese, una scritta che nella nostra lingua suona più o meno così: "Se Dio avesse voluto che costruissimo barche in plastica, avrebbe creato gli alberi in plastica".
Scherzi a parte, Dio ha creato le materie prime per fare molti materiali, che la tecnica moderna ha applicato in mille modi. Quindi non sono dell'opinione che usarli sia un sacrilegio. Peròil legno è più naturale, primordiale se volete, una 'materia plastica naturale', già bella e pronta, e pressoché eterna, con le dovute attenzioni e cure. "Finché xe bosco xe barca", dicono i vecchi marinai dalmati

Per certuni 'laudatores temporis actis', tutte le barche di un tempo erano magnifiche ed efficienti. Falso, si sono fatte in tutti i tempi barche orribili ed anche inefficienti. Non voglio far elenchi di nomi per non dispiacere agli orgogliosi proprietari, ma a Imperia, come ad altri raduni a cui ho partecipato, di queste ce n'erano un buon numero.
Molte barche 'd'epoca', che in origine erano belle ed efficienti, sono state, diciamo, malamente 'restaurate', con aggiunte di tughe, cambio di armo, rialzo di ponte e falchetta, il più delle volte con risultati estetici infelicissimi, e anche con decadimento delle prestazioni veliche e marine originali. In particolare, le peggiori cose si notano nelle 'trasformazioni' di vecchi scafi da lavoro: nati con uno scopo ben preciso, sembrano soffrire per quel che è stato 'aggiunto' o modificato, armi castrati o modernizzati, il più delle volte assolutamente insufficienti a far muovere i pesanti barconi, la cui propulsione resta ormai solo quella di un grosso motore, mentre in origine erano efficientissimi velieri che svolgevano benissimo il loro compito.

Barche da regata d'epoca: ne abbiamo viste parecchie, ma quasi nessuna rispecchia fedelmente quel che erano ai loro tempi. Ponti rialzati e tughe che hanno del posticcio sono stati aggiunti, e gli armi ridotti per adeguarle a scopi crocieristici.
I risultati sono quasi sempre deludenti. Si ottiene una barca da crociera inadatta al suo scopo, mentre, restaurandola 'come era', il fiero proprietario avrebbe la soddisfazione di montare un purosangue per fantastiche cavalcate fra le onde, per confrontare il suo destriero con i discendenti odierni. Che la barca resti quell'insieme equilibrato adatto allo scopo (la regata e la velocità) per i quali è stata progettata e costruita da maestri progettisti e maestri d'ascia! Ora sembrano cavalli da corsa attaccati a un biroccio: dispiace.

Abbiamo notato pochissime barche d'epoca veramente e competentemente riportate o mantenute nelle condizioni d'origine. Barche fra l'altro bellissime di progetto e costruzione. Erano tutte o quasi estere, non italiane, anche se molti restauri e lavori di manutenzione sono stati effettuati in cantieri italiani con somma maestria.
Quindi da noi c'è chi se ne intende e sa fare il suo mestiere, mancano i proprietari che comprendono la loro barca. Perlomeno sono assai pochi. Forse perché da noi si è persa una tradizione marinara che altrove resiste ancora, anzi è in forte espansione, e la barca è considerata un'appendice più al largo della villetta al mare e dell'ombrellone e sdraio da spiaggia.
Da qui il quesito: cos'è una barca d'epoca? Secondo l'Aive (Associazione Italiana Vele d'Epoca) sono qualificate così imbarcazioni costruite anteriormente al 1950 o, secondo altre interpretazioni, al 1955. Infatti, alle regate disputate in occasione dei vari raduni, le barche costruite dopo tali anni vengono classificate a parte. Ma queste barche più recenti cosa sono? Barched'epoca moderna? Barche 'classiche'? Cosa è una 'barca classica'? E' classica solo perché è costruita in vetroresina o altro? Allora perché non dire, solo 'barche in legno'? E fregarsene di quando sono state costruite? I raduni, invece, sono spesso a copertura di interessi turistici, pertanto gli organizzatori tendono ad ammettere il maggior numero di barche perché 'fa spettacolo'. Hanno ragione, perché radunare tante belle barche (e qualcuna bruttina) fa effettivamente scena, ed il grosso pubblico non è poi molto competente. Le imbarcazioni che partecipano a questi raduni sono dei tipi più disparati, alcune sono pure barche di piacere, nate per brevi crociere da porto a porto, altre per più impegnative traversate; altre sono nate per scopi agonistici, barche da regata pura, quando non si correva con i compensi, ma secondo formule ben precise, in tempo reale; e altre, anche da regata, ma monotipi, quindi anch'esse destinate a regatare in tempo reale.

E poi vi sono tutte quelle barche derivate, come tipo, da barche da lavoro, oppure addirittura ex barche da lavoro adattate, al loro tempo o recentemente per diporto, mezzi che certo non erano destinati alla velocità, ma anteponevano a questa, capacità di carico e di maneggevolezza, o di tenuta del mare, magari alla cappa.
In fondo questi raduni sono e vogliono essere una 'festa della vela', un'occasione di incontro fra appassionati, durante i quali si possano ammirare barche meravigliose di un tempo che fu, riportate a nuova vita.
Le regate per barche d'epoca possono solo essere un'occasione di raffronto fra tipi diversissimi di imbarcazioni, raffronti interessantissimi per chi è competente. Ed uno spettacolo splendido per il profano.
Carlo Sciarrelli, che è un po' il Deus ex Machina di questi raduni di barche che direi 'storiche', e forse il più preparato storico della barca a vela, ha convenuto con me che forse questo sarà il destino augurabile per le manifestazioni di tale tipo, che devono essere soprattutto occasione di rivisitare dal vivo imbarcazioni che hanno fatto la storia dell'evoluzione della vela negli ultimi cento anni. E di poterle vedere nel loro elemento, naviganti al meglio, come ogni buon velista può farle navigare, quando è impegnato in regata".

 

Gian Marco Borea

Stiamo acquisendo le candidature per le località che ospiteranno le nostre regate nazionali per la stagione 2013. Scrivere al Segretario nazionale 2012-2013 peloja@katamail.com
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