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Data pubblicazione: 12/12/2009
Il caso della morte di un giovane velista ripropone il problema di cosa fare per evitare che casi simili si ripetano.
Purtroppo nel nostro Paese tragedie come questa vengono normalmente catalogate come "fatalità" o "tragiche fatalità". Il gergo o "linguaggio formulare" giornalistico prevale ed impedisce che vengano effettuate delle indagini serie su cosa sia accaduto e cosa sia possibile fare perchè ciò non si ripeta. La barca viene posta sotto sequestro dall'autorità giudiziaria - come in questo caso - ma non è detto che vi sia la competenza specifica necessaria per comprendere le cause. La finalità delle indagini è poi quella di trovare un responsabile o un "colpevole perché sia fatta giustizia" (altra formula giornalistica) e non quella di accertare le cause e di intervenire perché il fatto non si ripeta in futuro.
L'Isaf e qualche Federazionale nazionale (ad esempio è il caso della Royal Yachting Association ) si sono mosse in passato in questa direzione analizzando e fornendo delle raccomandazioni e delle linee guide. Forse la FIV agirà in maniera analoga in questo caso.
Ogni Classe ha poi le sue caratteristiche e peculiarità. Anni fa il problema della sicurezza si era proposto per la classe Tornado e per le classi dotate di uno o più trapezi. A seguito della morte di un velista di Tornado, che non si era riuscito a sganciare dal trapezio, erano stati studiati dei meccanismi per consentire al velista di sganciarsi dal trapezio anche con il cavo in tensione (e alcuni di questi ganci sono stati immessi in commercio). Analogo dibattito si era diffuso nella classe Soling per rendere più sicuri i cosiddetti "ceppi" (gli anelli o cavigliere usati dal prodiere e dal centrale per appendersi fuori bordo).
Certamente per classi come lo Snipe, prive di trapezio e di spi, i rischi di rimanere intrappolati sotto lo scafo sono minori. Ognuno di noi, chi più chi meno, ha vissuto però esperienze che uscivano dalla normalità di una scuffia. Non sempre si riesce a scavalcare e a saltare sulla deriva, prima che la barca scuffi a 180°.
In molti casi mantenere la calma e non farsi prendere dal panico è fondamentale e sufficiente. Mi è capitato - in 470 - di rimanere impigliato - non so come e perché - con la scotta dello spi attorcigliata attorno ad una caviglia. Dopo alcuni attimi di terrore irrazionale, ho realizzato che era meglio stare sotto la barca scuffiata, con la testa dentro il pozzetto ribaltato, e "sbrogliare la matassa" che si era formata attorno alla caviglia. Questo comportamento appare normale e naturale, ma. nel momento i cui la situazione si realizza nella realtà, non è tanto banale. Allenarsi -e , per un allenatore, allenare i ragazzi - a mantenere la calma è già un buon punto di partenza.
Altro aspetto: nel comune sentire il giubetto di salvataggio viene - e a ragione, - considerato una fondamentale dotazione di sicurezza. Tuttavia se pensiamo al caso di un velista che rimane sotto una barca scuffiata o sotto una vela, il giubbetto può, almeno in parte, rappresentare un problema. Esso limita infatti i movimenti e ci costringe a sforzi notevoli (o ci impedisce addirittura) di andare sott'acqua o di nuotare sott'acqua. Augie Diaz, rimasto colpito da quanto accaduto a Napoli, sostiene che bisognerebbe utilizzare un giubbetto di salvataggio con "less floatation", meno galleggiabilità rispetto al proprio peso. Ciò consentirebbe maggiore libertà di nuotare sott'acqua e la possibilità di uscire da situazioni potenzialmente critiche.
Altro punto. Recentemente mi è capitato di assistere ad una dimostrazione di come il numero dei mezzi di assistenza non significhi necessariamente "assistenza". Due bambini su un Equipe avevano scuffiato. C'era vento, onda e faceva anche piuttosto freddo. La persona sul gommone per quanto volenterosa (volontario) non era in grado di aiutare o dare suggerimenti utili su come raddrizzare la barca, che scarrocciava pericolosamente sottovento verso gli scogli. Per fortuna l'equipe è stato raddrizzato e la situazione si è risolta per il meglio. La preparazione di chi fa assistenza è fondamentale e, forse, un'adeguata istruzione renderebbe anche più interessante l'attività di chi assiste alle regate.
L'Isaf sta sviluppando una sezione del suo sito dedicata alla sicurezza . Tale sezione è ancora in fase di costruzione, ma è già consultabile un utile elenco di linee guida da seguire per evitare di rimanere intrappolati sotto una barca scuffiata .
In sostanza viene suggerito:
- di tenere le cime e le scotte ben in ordine a bordo;
- di indossare un giubbetto di salvataggio aderente;
- di tenere a portata di mano un coltellino affilato e richiudibile;
-di indossare abbigliamente che è improbabile che rimanga impigliato e che possa essere facilmente liberato;
- in generale, di avvisare quando si esce in barca e quando si pensa di rientrare, uscendo in acqua solo quando si è in grado di farlo in relazione alle condizioni meteo e alla propria abilità.


