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Trofeo Lisa Rochelli
Data pubblicazione: 29/04/2004

di Peter Phantom. Barcola, 24-25 aprile 2004. La settima edizione del trofeo Lisa Rochelli verrà a lungo ricordata per l’uragano (perchè di uragano si è trattato) abbattutosi sul Golfo di Trieste, che ha fatto passare in secondo piano l’aspetto agonistico della manifestazione.

 

Erano 114 le barche iscritte per le classi Europa, Laser standard e radial, 420, 470 e, naturalmente,  20 gli Snipe iscritti.

Le previsioni parlavano di venti leggeri, con bora moderata nella serata. Era previsto però qualche temporale.

Dopo un leggero borignolo mattutino, verso pranzo, il vento cala del tutto e il Comitato di regata è costretto ad alzare l’intelligenza a terra. Un po’ di attesa al circolo e finalmente arriva il segnale di “barche in acqua”,acqua invero piuttosto fredda per essere una giornata di fine aprile!

La temperatura dell’aria è però calda, il cielo poco nuvoloso e molti optano per la muta corta.

Il campo di regata viene posizionato, secondo le direttive della Capitaneria di Porto, ben al largo, oltre Miramare. Il percorso è un trapezio con il bastone sul lato esterno. Subito si avvantaggia, interpretando al meglio la corrente e sfruttando le zone di maggior pressione, Enrico Michel con Corrado Piscanec. Vincono con autorevolezza, girando tutte le boe in testa. Dietro a loro Brezich – Penso, seguiti da Rochelli – Semec, Anzellotti - Lamonarca, Tomsic – Mocilnick, Longhi – Caselli, Fantoni – Spangaro, Irredento – Pozar, Barbarossa – Bonini, e poi tutti gli altri.


Nel corso dell’ultimo lato, ragionando a posteriori, probabilmente sarebbe stato opportuno interrompere la regata: dietro il Monte Grisa fino a Monfalcone si era formata una sinistra nuvolaglia, che da grigia diventava sempre più scura, assumendo alla fine un colore violaceo ben poco rassicurante; il vento calava del tutto per poi entrare dalla parte opposta costringendo le barche a bolinare per raggiungere l’arrivo previsto al laschetto. A quel punto le prime barche sono arrivate.

Nel giro di qualche minuto il vento proveniente da nord e poi da nord-est aumenta fino a trenta nodi. I più previdenti fanno a tempo ad ammainare la randa e a dirigersi non verso Barcola, ma verso Trieste. Io rimango con fiocco e randa e cerco di risalire verso Barcola. Il vento sembra addirittura calare un poco.

A circa un miglio da Barcola il disastro. Fabio Rochelli, che aveva ammainato la randa, poi mi racconterà,  che ad un certo momento aveva detto a Daniela: “Guarda, Peter si sta allenando. Non dovevamo ammainare la randa, il vento è calato”. Subito dopo aver detto ciò, girandosi sopravento, mi ha visto scomparire in una nube d’acqua nebulizzata. Non sono in grado di dirvi quanto vento ci fosse in quel momento. La barca si ribalta con le vele completamente lasche e l’albero si contorce come una biscia. Passa un cabinato e gli facciamo segno che è tutto OK.

Nostra intenzione è semplicemente attendere nella speranza che il groppo (o come si dice qui “neverin”) passi, poi raddrizzare la barca e rientrare al circolo. Quanto dura un neverin? Quindici, venti minuti, qualche volta un po’ di più. Poi passa. Rimane magari un po’ di bora, ma non tanto forte da impedire di tornare a terra. Questo pensavamo.

Ci sbagliavamo.

Il vento non diminuisce d’intensità. Anzi.

La cosa incredibile è che con un miglio di fetch si alza un’onda di circa un metro e mezzo, o forse più, estremamente ripida e fastidiosa, non fossaltro perché è veramente difficile rimanere aggrappati alla barca scuffiata. Michele Spangaro ed io scivoliamo due-tre volte dalla barca, spinti dall’acqua nebulizzata e sbalzati dalle onde. In un paio d’occasioni la barca sembra volersi “rialzare”, sicché noi, paradossalmente, ci muoviamo, acquattati sullo scafo, per mantenerla scuffiata.

Accanto a noi qualche Europa e Laser rimbalza sull’acqua come un giocattolo, scuffiando e riscuffiando a ripetizione, mentre altri Snipe, 420 e 470 paiono abbandonati.

Intanto i mezzi di soccorso fanno la spola ad aiutare velisti in difficoltà. Fa freddo, nonostante la muta lunga, e penso a chi è uscito incautamente in calzoncini corti.

Vedo un gommone carico di velisti che cerca di trainare alcune barche, ma è impossibile. Gli scafi sono impazziti e scuffiano a ripetizione. Alla fine sono costretti a lasciare le barche.

Sembra che tutte le imbarcazioni vicine siano state abbandonate. Arriva un piccolo gommone dove già si trovano Cangiano e Iseppi oltre a Carlo, che lo guida. Ci affianca e ci buttiamo dentro.

Non so quanto tempo è passato dalla scuffia. Ma ora ho abbandonato la mia barca! Il gommone avanza lento e con difficoltà contro vento, mentre vedo ITA 30073, Fantasma, il mio Snipe grigio e bianco che si allontana sottovento. E’ una bruttissima sensazione: la barca non è solo resina, tubi di alluminio e rotoli di dacron cuciti; è qualcosa cui si è legati emotivamente più di quanto si sia portati a pensare. Non è retorica. Me ne sono reso conto in questa circostanza.

C’è però poco tempo per pensare alla barca. Siamo in cinque su un gommone che ad ogni onda imbarca acqua. Passiamo a fianco di barche scuffiate con velisti aggrappati che chiedono aiuto, ma non possiamo soccorrerli: siamo pieni d’acqua e il motore poi fa le bizze. Li recupererà qualche motoscafo e gommone più potente. Da tutti i circoli escono gommoni e mezzi di soccorso. Carlo decide che è meglio dirigere a Trieste piuttosto che a Barcola . Mentre ci avviciniamo lentamente alla Sacchetta, un altro groppo, ancora più violento ci investe. Il motore si ferma un paio di volte e poi miracolosamente riparte.

Anche la Sacchetta è irraggiungibile, puntiamo quindi verso il piccolo bacino che ospita i Piloti. Vediamo che sono usciti anche i mezzi di soccorso della Capitaneria, della Finanza, della Polizia e dei Vigili del Fuoco. Oltre la diga frangiflutti del porto osservo un Europa che viene proiettato in alto e poi ricade in acqua, per poi nuovamente sollevarsi. “Speriamo che siano tutti sa...” mi interrompo accorgendomi che io e Carlo contemporaneamente stiamo facendo un gesto apotropaico.

Arriviamo nel bacino dei piloti e vediamo che c’è lo Snipe di Fabio con l’albero piegato in avanti, lo Snipe di Chiara con l’albero rotto ed alcuni Laser ormeggiati, senza albero, che continuano a scuffiare!

Scendiamo a terra tutti frastornati. Michele corre alla Triestina per avere notizie di suo fratello che era fuori con un 470. Trovo Daniela che mi abbraccia. Dopo aver telefonato alla Barcola Grignano per comunicare i nominativi di chi era sbarcato con me, e a casa per rassicurare chi potrebbe preoccuparsi ascoltando la notizia dai notiziari regionali, trovo un passaggio in auto fino alla Triestina e poi fino a Barcola.

Qui in segreteria si coordinano le operazioni. Le telefonate si susseguono per capire chi c’è (e dove è finito) e chi non c’è. La notizia più allarmante riguarda la mancanza all’appello di una giovane velista. Poi si scopre che, pur iscritta, era rimasta a casa.

Alla fine della giornata sono quasi trenta le barche abbandonate nel Golfo. Quasi tutti hanno subito danni più o meno gravi alla barca. Qualche velista passa in Pronto Soccorso a farsi medicare ferite o contusioni.

Quanto vento c’era? La stazione “Trieste Molo” ha registrato 27,4 m/sec. Qualcuno che si trovava in mare ha letto sugli strumenti della propria barca punte superiori a 60 nodi: un uragano.


 

La domenica, dopo una notte insonne, io, Fabio, Michele, Gughi e Paolo saliamo su un potente gommone. Nostro compito è localizzare gli scafi abbandonati, segnalare la posizione con il GPS e recuperare poi, sulla via del ritorno, alcuni di essi. Partiamo poco dopo le 9,00 del mattino. Troviamo scafi ben oltre Grado. Alcuni in buone condizioni, altri semiaffondati. Europa con la coperta distrutta e pieni d’acqua nel gavone di prua, tanto da doverli trainare per la poppa; 420 affondati fino alla coperta; Snipe impigliati nelle reti fuori punta Primero; Europa in secca a Punta Sdobba. E’ capitato anche di dover bloccare un cabinato che tranquillamente si stava portando a casa un Laser. Non trovo la mia barca; è stata trovata da altri.

Alle 17,30 siamo a terra. E vedo finalmente lo scafo grigio e bianco con la mastra rotta, l’albero spezzato, stracci al posto di vele, qualche botta qua e là e un po’ di acqua nei gavoni. Ma, per il resto, timone e deriva ci sono, bussola anche, perfino il cronometro, guanti, cappellino e cuffia di lana. Per una nottata brava non è male!

Più o meno tutti contano i danni e si leccano le ferite. Il commento unanime è: “poteva andare peggio!”.


Cosa concludere? Forse sarebbe meglio non concludere per evitare facili quanto inutili polemiche. Alcuni riflessioni sono però doverose.

Il Trofeo Lisa Rochelli è una regata ottimamente organizzata, con passione e competenza da Fabio e Daniela Rochelli con tutti i soci della Barcola Grignano. Tutti noi ci teniamo a partecipare ed il prossimo anno parteciperemo ancora numerosi.

Quanto a quello che è successo, dubito che altri circoli in Italia sarebbero stati in grado di far fronte all’emergenza che si è venuta a creare meglio della società organizzatrice, abituata a gestire numeri elevati grazie all’esperienza derivantele dalla Barcolana. E si deve poi ricordare che tutti i circoli velici triestini sono intervenuti tempestivamente per soccorrere i velisti in difficoltà. Bravi e grazie!

L’appunto maggiore, a mio avviso, riguarda la posizione del campo di regata. E’ vero che la Capitaneria di porto impone che l’area di regata sia posta in determinate zone del Golfo. Mi pare però che questa volta il campo sia stato posto dal Comitato di Regata un po’ troppo al largo, forse oltre la zona imposta dalla Capitaneria. Se fosse stato collocato più vicino alla costa, molte barche, se non tutte, sarebbero rientrate in porto senza problemi.

Altro punto: nel Golfo di Trieste siamo abituati troppo bene: o c’è poco vento e una maglietta e un paio di pantaloncini sono sufficienti, o c’è troppo vento e non si esce neppure dal porto. In questo caso molti velisti sono stati colti vergognosamente impreparati.

Infine, era possibile prevedere quello che è accaduto? Capitan Chersi, velista di grande esperienza, su Il Piccolo ha accusato apertamente il Comitato di Regata. Certamente qualche “segno” era ben visibile. C’era poi un avviso di burrasca? Sembrerebbe che sul canale 16 sia stato diffuso. Quando sarebbe stato diffuso? Tutto questo deve essere accertato. Noi in barca non abbiamo il VHF, ma, se effettivamente l'avviso c'è stato, ci sarebbe una grave omissione da parte del Comitato di Regata. Chi regata tra le boe normalmente non rientra finché non taglia il traguardo o finché la regata non viene interrotta; se il Comitato non fa niente, si continua a regatare. Ci si fida e ci si affida al Comitato ed alle sue decisioni. Non si tratta di una regata d’alto mare o di uno sport estremo. Le clausole di esonero dalla responsabilità, che siamo obbligati a firmare (??!!), sono un obbrobrio giuridico. Non c’è accettazione totale del rischio, perché il rischio e l’estremo devono essere tenuti lontani dal gioco tecnico di girare attorno alle boe. In questo sport il Comitato deve assolutamente garantire che le condizioni di regolarità e sicurezza sussistano. Il briefing è consistito solo nel ricordare di “stare attenti su come ci si muove perché c’è la regola 42”. “Noi saremo inflessibili”, “se ti vedo ti punisco”” bla bla bla”. Tutto qui. Non una parola sulla sicurezza. Nessun riferimento a check in (che le istruzioni di regata Snipe normalmente prevedono) o a registri da firmare che sarebbe buona norma introdurre. Nessun controllo su salvagenti o abbigliamento. Nessun riferimento alle previsioni o a temporali che anche il generico “meteo regionale OSMER” aveva diffuso.

E’ facile accusare a posteriori, come è facile prevedere il rischio che si ricada nella situazione opposta: comitati troppo timorosi che, di fatto, impediscono di regatare con vento forte. L’importante è comunque riflettere ed affrontare alcuni argomenti che sarebbe da irresponsabili voler eludere. E sarebbe bello che fosse per prima la Classe Snipe a voler considerare e proporre.

Stiamo acquisendo le candidature per le località che ospiteranno le nostre regate nazionali per la stagione 2013. Scrivere al Segretario nazionale 2012-2013 peloja@katamail.com
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